Perché temere le elezioni?
In una democrazia vera, quando il governo e la sua maggioranza eletta dai cittadini vanni in crisi, non ci dovrebbero essere scorciatoie, tatticismi, o intrugli da inventare. La parola dovrebbe passare al popolo sovrano per Costituzione e per diritto naturale. Ci sembra una verità lapalissiana, che in Italia pare non sia così. Di una Costituzione, in gran parte disattesa per decenni, l’unica parte che (opportunisticamente) viene richiamata è quella della possibilità della ricerca di una possibile nuova maggioranza in grado di dar vita ad un nuovo governo. Non importa, aggiungiamo noi, che questa nuova maggioranza sia il contrario di quella originariamente eletta. Poniamo che si costituisca un governo tecnico (ma governi tecnici non ne esistono), con una maggioranza composta da Pd, IdV, Udc, Finiani di Fli e qualche rimasuglia disponibile. Bene. Possiamo davvero dire che rappresenti la volontà del popolo italiano? Possiamo davvero credere che al vaglio di un voto questo miscuglio possa superare l’esame del voto? Ma, senza sottilizzare: ammesso che sia così, non è normale e democraticamente corretto che uno schieramento superi la verifica del voto popolare prima di arrogarsi il diritto di governare in suo nome? La verità è un’altra. Insieme alla giusta esigenza di una legge elettorale che ridia ai cittadini la facoltà di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento e non ratificare le nomine stabilite dai vertici dei partiti, ci sarebbe bisogno di stabilire che il rappresentante eletto, nel momento in cui decide di cambiare casacca e quindi viene meno al mandato degli elettori, debba dichiararsi decaduto. Sarebbe cioè da modificare l’art. 68 della Costituzione che prevede che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”, mentre sarebbe più giusto che egli eserciti il mandato politico degli elettori. Ce non vuol dire espropriarlo di ogni sua valutazione nella elaborazione di leggi e provvedimenti. Anche una modifica in tal senso contribuirebbe non solo alla moralizzazione della politica, ma alla stabilità delle maggioranze e dei governi. La situazione politica italiana vive un momento che definire confuso è forse poco. Di fronte ad una condizione di instabilità del governo, che, obiettivamente, conta su una maggioranza virtuale in quanto i finiani di Fli lo appoggiano senza convinzione e solo per prendere tempo ed organizzarsi sul territorio, l’opposizione, che in situazioni normali dovrebbe essere essa stessa a chiedere nuove elezioni, non le vuole perchè non è pronta e non ha nemmeno un suo candidato a premier, per cui è alla ricerca di mettere insieme un raggruppamento finalizzato solo a far fuori Berlusconi. Dei problemi sociali ed economici del Paese si parla poco o niente. Salvo a brontolare sulla disaffezione dei cittadini verso la politica, come se questo fenomeno non venga vieppiù sollecitato e stimolato da questo strano balletto dei partiti. Speriamo che questo scenario comico, se non fosse drammatico, abbia termine. In altri Paesi europei il voto non è un dramma. In Italia lo sta diventando. Ma solo perchè abbiamo un sistema politico nel quale il trasformismo costituisce l’elemento prevalente. E forse anche perchè gli elettori non lo puniscono abbastanza.