Altro che tre voti in più
Dopo il voto di fiducia al governo Berlusconi, dal quale è uscito con le ossa rotte il “Nulla vestito Facis”, una delle più lucide analisi pubblicate sui quotidiani l’ha scritta Antonio Polito su “il Riformista”. Gli altri (finanche il più fine dei politici, Massimo D’Alema) si sono lasciati andare ad analisi aritmetiche che, in verità, erano abbastanza scontate nel minimo scarto che si sarebbe verificato nell’uno o nell’atro caso. “…l’opposizione parlamentare, mai così ampia dall’inizio della legislatura (311 voti) deve chiedersi perché il meglio congegnato attacco finora mai condotto a Silvio Berlusconi sia fallito. Lo sciocco ha la risposta pronta: abbiamo perso perché il Caimano si è comprato un pugno di deputati…”. E aggiunge Polito “Ma c’è una ragione politica più profonda della sconfitta: ed è che la somma di coloro che volevano far fuori Berlusconi non è stata mai capace di indicare, nemmeno per grandi linee, con che cosa voleva sostituirlo”. Ma se questa è la sintesi politica di un tormentone durato da molti mesi (e nel quale anche il Pd ha mostrato di non avere un grande profilo strategico se non inseguire qualche occasionale killer del Cavaliere, aggrappandosi finanche a Mara Carfagna, fallendo così le ipotesi di governo tecnico, di grandi alleanze e di far fuori Berlusconi), essa mostra che affidarsi alle alchimie di Palazzo è quanto di più insensato e che la strada maestra è quella di darsi una strategia ampia di alternativa e di coinvolgimento popolare che la renda credibile. Ora, dopo le comiche autunnali, culminate con l’ipotesi di un Fini a capo di una coalizione di liberazione nazionale, la palla è ritornata al calcio di inizio. Senz’altro con scenari nuovi e certo non con minori chance del Cavaliere. Bersani può anche parlare di “Vittoria di Pirro” di Berlusconi. Ma mentre per il presidente del Consiglio il voto del Parlamento ha cambiato a suo vantaggio di molto gli sbocchi della sua strategia, per il segretario del Pd si tratta ora di costruire un’alternativa credibile che in caso di elezioni possa convincere l’elettorato a sancire la fine del berlusconismo. Ci riuscirà? Al di la delle battute, più o meno azzeccate, di Piazza San Giovanni, è questo il vero problema.