Il PD e la riforma della giustizia

L’ostilità preconcetta del Pd alla proposta di riforma della giustizia, approvata dal Consiglio dei ministri, risulta davvero incomprensibile nel metodo e nel merito. Nel metodo. Il Pd, ovvero la sua dirigenza, è ancora ingolfata nella ricerca delle condizioni per la “spallata” a Berlusconi. Sembra non accorgersi che ormai è venuto meno il contesto politico, ma soprattutto le possibilità numeriche per abbattere il governo, il quale, diventa ormai opinione diffusa, riuscirà, se vorrà, a concludere la legislatura. Stranamente, Bersani insiste con l’alleanza (molto, ma molto improbabile, se non impossibile) con un terzo polo che nei fatti non esiste: Casini ha le sue mire; Fini, per contenere la frana nel Fli è costretto a parlare un linguaggio verso la destra; Rutelli non ha voce in capitolo. Il quadro politico è quindi di una certa omogeneità nella maggioranza e di una frammentazione abbastanza visibile in quello che dovrebbe essere il fronte antiberlusconiano. Nel merito. Che la gestione della giustizia in Italia sia da rivedere è nella coscienza di tutti i cittadini, i quali ne aprendono quotidianamente storture e inefficienze. Certo, è facile trovare qualche frangia di ultras pronta a sostenere che la riforma è finalizzata alle esigenze processuali di Berlusconi, ma bisogna che qualcuno spieghi con chiarezza in quali norme e in quali punti della riforma sono rilevabili gli interessi del premier. Soprattutto sarebbe difficile far afermare il concetto che la riforma sarebbe necessaria, purchè non la faccia il governo Berlusconi. E perchè mai? Intanto la riforma la approva il Parlamento, che la discute e la emenda se necessario. Non solo, ma sostenere che un governo legittimamente in carica non possa proporla è davvero una idea golpista. Ma volendo discutere ad un livello più generale, il Pd deve cominciare a fare politica, deve cominciare a confrontarsi con le idee. Se pensa che si possa arrivare al 2013 recitando quotidianamente il credo anticavaliere, vuol dire che il Pd non pensa di costruire una alternativa popolare e credibile al centrodestra, ma vuole rimanere vittima consapevole di quella rumorosa frangia di estremisti parolai che vedono solo nemici da abbattere e non avversari da sconfiggere con le idee e con le proposte. All’ultima ora leggiamo di un fuori onda di Sergio Chiamparino nel ‘backstage’ del programma di Radio2 ‘Un Giorno da Pecora’, il sindaco di Torino non ha nascosto il suo sconforto sul Partito democratico. Che futuro ha il Pd?, gli hanno chiesto i conduttori del programma. “Io sono un periodo di pessimismo, quindi vi rispondo negativamente: il Pd non ha futuro”. Speriamo di no, nell’interesse della democrazia italiana.
Vogliamo segnalare ai lettori il numero di febbraio 2011 del mensile Presila In esso è contenuta una lunga e interessante intervista all’eurodeputato di IdV Luigi De Magistris. Ptesila è in vendita nelle edicole dei maggiori centri presilani.