L’opposizione in mano ai brigadieri
Riportiamo l’articolo pubblicato da “il Riformista” il 15 aprile scorso. E’ troppo interessante per non segnalarlo ai nostri lettori Derive L’alternativa In mano Ai brigadieri di Stefano Cappellini Vedi come cambiano i tempi. Una volta aprivi il manifesto e ci trovavi i consigli su dove o come dormire fuori casa la notte per farti trovare dai militari in caso di golpe. Oggi sul quotidiano comunista ci trovi Alberto Asor Rosa che propone di dichiarare lo stato di emergenza e di mandare al governo polizia, carabinieri e magistratura. Il golpe lo vuol fare Asor, insomma. Ma un golpe “buono”, per liberare il paese da Silvio Berlusconi. Siccome “c’è una obiettiva frantumazione delle regole ed è opera del capo del governo”, ha ribadito ieri a Repubblica lo storico della letteratura ed ex deputato del Pci, allora “dobbiamo fare tutto il possibile per evitare il peggio”. Il piano Asor lo si potrebbe rubricare alla voce follie di primavera. Ma sarebbe un errore. Anzi, peggio, sarebbe solo un modo per mettere la testa sotto la sabbia. E’ più onesto raccontarsi a viso aperto che cosa è diventato un pezzo enorme della sinistra di questo paese, la sua spaventosa mutazione antropologica, soprattutto il suo essere la migliore garanzia di lunga vita politica per Berlusconi. Innanzitutto, perché questa è l’opposizione che Berlusconi sogna. Ci va a nozze. Ci sguazza. Perché è un’opposizione che fa di tutto per adeguarsi al vestito che la propaganda berlusconiana le ha cucito addosso. Avete presente la vulgata sulla sinistra tecnocrate, elitista, collaterale ai poteri forti, mandante dei pm, allergica al suffragio universale? In due giorni di esternazioni, Asor l’ha incarnata a perfezione, fornendo alla macchina mediatica del Cavaliere la possibilità di sferrare una controffensiva per oscurare almeno in parte l’approvazione dell’ennesima scandalosa legge ad personam. Ma l’idea che ci si possa liberare da Berlusconi mandando l’Arma a Palazzo Grazioli, come le comari di De André con Bocca di Rosa, è conseguenza di una degenerazione ideologica che parte da lontano e che oggi ha dilagato, soprattutto tra i più giovani. Il giustizialismo che s’è divorato centinaia di migliaia di intelligenze e non solo la puerile e fanatica convinzione che la magistratura sia “i buoni” e la politica “i cattivi”. E’ una delega –per molti inconscia, per altri apertamente teorizzata- concessa a chi dovrebbe disarcionare il Cavaliere con mezzi esterni alla politica: magistratura, polizia, carabinieri. Il giustizialismo è il figlio degenere della incapacità, divenuta cronica col passare degli anni, di comunicare e spiegare al paese, di coltivare il proprio insediamento sociale e di corteggiare quello altrui. Berlusconi è un premier indegno di guidare il paese. E lo è anche a causa dei suoi problemi giudiziari. Resta il fatto che è stato democraticamente eletto, che continua a governare in virtù di una maggioranza in Parlamento, sebbene razzolata a suon di compere, e che per mandarlo a casa serve una coalizione capace di sconfiggerlo con le armi della politica. Si rimprovera al Partito democratico di non essere stato in grado di attrezzare un’alternativa convincente. Vero. Peccato che a rimproverare questo torto al Pd, e a imputargli di non essere più un partito di sinistra, è una massa di impresentabili che pare uscita fuori da un film sui colonnelli greci. Professori che invocano lo stato di emergenza, opinionisti che lavorano solo sulle veline delle Procure, comici guru che si esprimono invasati e inquietanti sul loro blog sostenendo il superamento di destra e sinistra e diffondendo la rozzezza come metodo di lettura dei fatti di attualità. Sono loro, la sinistra? L’alternativa? O magari lo è Di Pietro, l’ex pm caudillo de noantri, che non ha alcuna idea politica propria, ma che è considerato da milioni di elettori l’unico vero oppositore di Berlusconi? Questa cricca non sa più cos’è lo Stato di diritto, se mai l’ha saputo, non porta una sola idea per sconfiggere Berlusconi che non siano gli auspici di carcerazione e le urla di impeachment giudiziario. Questa congrega di brigadieri dell’opposizione ha rimosso la questione sociale, o magari l’ha capovolta, perché non è raro imbattersi in editorialisti che a pagina uno fanno tintinnare le manette e a pagina due sposano acriticamente la causa di Marchionne, con tanti saluti alle ragioni e al voto operaio. Questa schiatta di furbacchioni vende giornali, dvd, magliette e spaccia il successo del merchandising per successo politico, come se le elezioni si vincessero a colpi di share o di tirature, e non coi voti dei cittadini. Questi professionisti della purezza invocano l’arresto preventivo di un senatore (parliamo di Alberto Tedesco) a due anni dai fatti contestati, quando palesemente non sussiste oggi altra ragione di ammanettarlo se non quella di sancire la supremazia di un ordinamento di potere sull’altro, e magari ne fanno pure una questione dirimente di coscienza e trasparenza, come la professoressa De Monticelli, che si è prodotta sul Fatto in una struggente artico lessa invocando pure lei i carabinieri sull’uscio di casa Tedesco. Perlomeno, a differenza di Asor, De Monticelli si accontenta delle manette, senza pretendere che la sera i militi si spostino a Palazzo Chigi a presiedere il governo d’emergenza.