Legge “Bavaglio”? Ma non scherziamo !

Ma si può definire “bavaglio” –come fanno i quotidiani molto famosi e molto schierati- una eventuale legge che impedirebbe intercettazioni di conversazioni private al telefono e la successiva pubblicazione sui giornali? E’ normale che in un Paese democratico un cittadino si alzi la mattina, apri il giornale e veda pubblicate le sue conversazioni telefoniche su fatti che non hanno alcuna rilevanza penale e caso mai devono essere confessati al parroco come peccati morali e non all’opinione pubblica. Pare che anche sinistra e centrosinistra siano ormai travolti dalla ipnosi della guerra moralistica a Berlusconi per le sue serate di Arcore e quindi gaudenti che si metti alla graticola il Cavaliere. Ma forse stanno prendendo un grosso abbaglio che potrà risultare assai dannoso quando i tempi si normalizzeranno è diverrà possibile riflettere e valutare gli avvenimenti con una serenità riconquistata. E’ infatti diventato solo monotono, inconcludente e di pessima propaganda il quotidiano ritornello di Bersani, “Berlusconi si deve dimettere”.Intanto perché è una boutade di pessimo impatto elettorale e poi perché dimostra una arroganza istituzionale di un leader che dovrebbe sapere che, finché è sostenuto da una maggioranza parlamentare, il governo è legittimato a governare. Ad una persona normale appare strano che la lotta politica possa ridursi ad orecchiare le ore notturne di Berlusconi e pretendere che gli italiani decidano il loro orientamento politico ed elettorale sulla base del numero di donne, donnine, escort ed attricette che varcano l’uscio di Arcore per cenare (o non solo cenare) in compagnia del Cavaliere. Che si tratti di un attacco micidiale a Berlusconi con una intensità inedita e mai conosciuta nei confronti di un leader politico, non c’è dubbio: anche un sordo-cieco se ne avvede. “Per i sepolcri imbiancati è tutto a posto. –Scrive Giuliano Ferrara sull’ultimo numero di Panorama- Nessuno ha interesse fazioso, di gruppo corporativo o politico, in questo che sarebbe un braccio di ferro tra un uomo molto potente e aggressivo propenso a delinquere e la maestà della legge amministrata in totale disprezzo di ogni pericolo: Magistrati e giornalisti sono gente che fa il suo mestiere, la politica non c’entra, non c’entra la voglia del ribaltone contro la “majority tule”, la base della democrazia liberale. Non c’entrano l’articolo 68 della Costituzione che fu voluto dai padri della nostra repubblica e prescriveva il vaglio delle Camere di fronte al sospetto di “fumus persecutionis” ai danni di un eletto del popolo. Non c’entra il lodo Maccanico, poi Schifani, poi Alfano, una normale legge di protezione giudiziaria di chi detiene un mandato istituzionale decisivo alla guida dell’esecutivo, come c’è in Francia e in molti altri paesi. Tutte balle dicono. Difendere Berlusconi dai processi che lo strangolano vuol dire peccare come lui, essergli complici, volere una democrazia al di sopra della legge. L’anomalo, il reprobo, il fattosi da sé deve morire e la sentenza è scritta a chiare lettere nel circuito mediatico-giudiziario.” Dicevamo che sinistra e centrosinistra devono riflettere sulla compiacenza a questo clima e a questo metodo di caccia a Berlusconi. Le lezioni della storia non vanno dimenticate. In piena tempesta giudiziaria di “Mani Pulite”, agli inizi degli anni ‘90 del secolo trascorso, l’allora PDS di Occhetto, con la gioiosa macchina da guerra, riteneva che uscire indenne dalla campagna giudizialista avrebbe significato sicura vittoria elettorale. Un grave errore di valutazione. Il centro sinistra e la sinistra devono conquistare sul campo il consenso elettorale non aspettarlo dai giudici. Devono saperlo ottenere proponendo un programma serio di ripresa economica, di nuova occupazione, diciamo complessivamente, di sviluppo di questo nostro Paese.