Sul viatico Americano a Monti per governare

Mario Monti piace, e molto, agli Stati Uniti d’America. Il presidente del Consiglio italiano, con il suo viaggio oltre Atlantico, ha colto un’apoteosi per sé e per il suo governo tecnico. Ora in Italia la sua posizione si è ulteriormente rafforzata. Il professore di economia appena un mese fa guidava un paese, l’Italia, sull’orlo del fallimento finanziario ed adesso ha riscosso grandi lodi. E’ addirittura indicato come il possibile “salvatore dell’Europa” dal crack finanziario dall’ultima superpotenza rimasta in piedi dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Come mai? Vediamo, giorno per giorno, le cinque tappe del trionfo americano. Prima tappa. David Thorne, l’ambasciatore Usa a Roma, martedì 7 febbraio dà un cordialissimo benvenuto al presidente del Consiglio italiano alla vigilia dell’incontro a Washington con Barack Obama. Thorne dice in un’intervista al ‘Corriere della Sera’: “L’Italia è diventata l’alleato più affidabile degli Stati Uniti in Europa. Lo era da tempo, ma adesso c’è l’era delle riforme che sta aprendo Mario Monti”. Poi azzarda: “Mi pare che la presenza di Monti stia cambiando la dinamica nell’Unione Europea. All’Italia e a lui ne siamo molto grati”. Niente male. Seconda tappa. Giovedì 9 febbraio è direttamente Obama a far sentire la sua voce. Il presidente degli Stati Uniti, in una lunghissima intervista a ‘La Stampa’, elogia il collega italiano. Al quotidiano della Fiat precisa: “Sotto la leadership del primo ministro Monti, l’Italia sta adottando passi impressionanti per modernizzare la sua economia, ridurre il proprio deficit attraverso una combinazione di entrate e di uscite, riposizionando la nazione nel cammino verso la crescita”. Obama indica il presidente-economista come un modello: “Sono d’accordo con quanto il primo ministro Monti ha detto: se l’Europa mette in atto dei ‘firewall’ (“muri taglia fuoco” a protezione dell’euro n.d.r.) sufficientemente grandi, si riduce la possibilità di doverli usare. Ciò che serve adesso è che tutti i governi europei dimostrino il loro impegno per il futuro dell’integrazione economica in Europa”. Nello stesso giorno ‘La Stampa’ pubblica un articolo sull’idea di Monti per allargare le competenze della Nato dalla difesa militare occidentale all’economia. Sarebbe una vera rivoluzione. Terza tappa. Giovedì 9 febbraio Obama riceve Monti a Washington. Una cordiale stretta di mano nella Sala Ovale della Casa Bianca suggella una piena intesa. Il presidente Usa spiega ai giornalisti: “Ringrazio Monti e ho piena fiducia nella sua leadership che spero possa traghettare l’Italia fuori dalla tempesta”. Aggiunge: “Ho molto apprezzato il modo in cui Monti è intervenuto nella crisi italiana. E’ arrivato al governo in un momento difficile, ha preso decisioni rapide ed ha cominciato subito a recuperare la fiducia non solo degli italiani, ma dell’Europa e dei mercati”. Chiosa: “Credo che le relazioni tra l’Italia e gli Stati Uniti non siano mai state così forti”. Monti ricorda il sì degli italiani ai pesanti sacrifici per risanare i conti pubblici, arrivare al pareggio di bilancio nel 2013 e riavviare la crescita economica. Ci sono state solo tre ore di sciopero nazionale, precisa, mentre la Grecia è paralizzata dalle agitazioni di protesta contro le misure anti crisi. Nota: “Ho avuto una impressione positiva su come l’Italia viene percepita nella politica e nella cultura americane, sono molto soddisfatto”. Certo, è soddisfatto il presidente del Consiglio. L’edizione europea del settimanale ‘Time’ mette addirittura una sua foto in copertina e titola: “Può quest’uomo salvare l’Europa?”. Il sommario è altrettanto elogiativo: “Un primo ministro per tempi disperati”. Quarta tappa. Il presidente del Consiglio e ministro dell’Economia giovedì 9 febbraio, sempre a Washington, incontra un gruppo qualificato di banchieri, manager e diplomatici americani. Si complimentano. Tra il serio e il faceto gli dicono: l’economia mondiale è nelle tue mani perché il suo futuro dipende dalla sorti della crisi europea e questa dalla capacità dell’Italia di risalire la china. E’ un po’ il senso del titolo di ‘Time’: Monti il salvatore. Del resto le riforme strutturali varate o impostate dal presidente-economista, molto vicino alla grande finanza anglosassone, sono basate sul modello americano: efficienza, licenziamenti facili, liberalizzazioni, concorrenza. Il suo esecutivo di tecnici? Monti ironizza: “Ci chiamano dilettanti, non so quale sarà il risultato del nostro governo”. Però indica il successo di aver ridotto lo spread tra Btp italiani a 10 anni e Bund tedeschi (in quel giorno è sceso dal record del 5,3% a 3,4%). Si lancia in una missione ardita:”Se la politica ha fornito il cattivo esempio”, comunque “si può sperare di cambiare il modo di vivere degli italiani, introducendo maggiore merito e concorrenza, viceversa le riforme che stiamo facendo sarebbero effimere”. Non fa “scivoloni” come quello, di qualche settimana fa, quando si rivolse ai giovani criticando “la monotonia del posto fisso per tutta la vita”. Sergio Marchionne, grande sostenitore del modello economico americano, è presente e fa il tifo per il presidente del Consiglio. L’amministratore delegato di Fiat-Chrysler dice: Monti è “la persona giusta” grazie alla quale l’Italia ha fatto “un passo enorme”. Monti, sottolinea, va sostenuto per non tornare “all’era delle caverne”. Quinta tappa. Il Professore venerdì 10 febbraio va a New York, a Wall Street. Sulla facciata della Borsa sventolano, affiancate, la bandiera italiana e quella americana. Al termine degli incontri con gli operatori finanziari statunitensi osserva: “Già oggi c’è molto interesse per l’Italia e per il mercato italiano” e crescerà “una volta che l’economia si consoliderà nel suo miglioramento”. I fondi Usa investiranno in Italia? Monti risponde: “Penso di sì ma in genere non lo dicono seduta stante. I mercati parlano con i fatti”. Quindi incontra il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon. L’ex presidente dell’università Bocconi sembra aver raccolto con il suo viaggio, come i Dc Alcide De Gasperi e Amintore Fanfani nel dopoguerra, l’investitura politica dell’Aquila americana a governare. Che differenza con Silvio Berlusconi. L’ex presidente del Consiglio non godeva di grandi simpatie a Washington sia per gaffe, tipo la battuta di “abbronzato” rifilata al presidente nero Obama, sia per le notizie sulle feste notturne del Bunga Bunga organizzate dal Cavaliere con avvenenti ragazze nelle sue residenze private. Ma Berlusconi era guardato con diffidenza dalla Casa Bianca soprattutto per i suoi stretti rapporti con Vladimir Putin e Muammar Gheddafi. Comunque Monti anche negli Usa, come alla Camera a Roma, non ha tralasciato occasione per ringraziare il leader del Pdl per il suo “senso di responsabilità” mostrato da “statista”. Del resto il suo partito, assieme al Pd e al Terzo Polo, assicura la vasta e variegata maggioranza al governo tecnico. Un fatto è sicuro: è archiviata l’era Berlusconi e della Seconda Repubblica. E’ cominciata l’era Monti, che segna con connotati tecnocratici l’avvio confuso della Terza Repubblica. La bandiera della “rivoluzione liberale” lasciata cadere dal Cavaliere sembra essere stata raccolta dal tecnico Monti. Berlusconi è in allarme ma tace, Pier Ferdinando Casini pilota con soddisfazione la nave del Terzo Polo. Pier Luigi Bersani è impensierito per il progetto di riforma del mercato del lavoro dell’esecutivo dei tecnici, ma per ora non ha alternative. Pasquale Laurito, dopo gli elogi a Monti nella mega intervista di Obama, ha strigliato il Pd sulla ‘Velina Rossa’: “Per i nuovi politici italiani che sostengono il governo tecnico è tutto accettabile. Perfino per una parte di quei figli del vecchio Pci, oggi trasformatisi in democratici, che si mostrano tutti soddisfatti del messaggio augurale del presidente Obama”. E’ il segno del malessere che scuote il Pd. Di Leo Sansone Da Paneacqua.